Ricorso per conflitto di attribuzioni della regione Veneto, in persona del presidente della Giunta regionale dott. Giancarlo Galan, autorizzato da delibera giuntale n. 2773 del 28 luglio 1998, rappresentata e difesa come da mandato a margine del presente atto dagli avv.ti prof. Feliciano Benvenuti e Luigi Manzi, con elezione di domicilio nello studio del secondo in Roma - via Confalonieri n. 5; Nei confronti dello Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore; del Ministero dell'ambiente, in persona del Ministro pro-tempore; del Ministero dei lavori pubblici, in persona del Ministro pro-tempore. In punto, annullamento, previa sospensione incidentale, del decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dei lavori pubblici 23 aprile 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 18 giugno 1998. avente ad oggetto: "Requisiti di qualita' delle acque e. caratteristiche degli impianti di depurazione per la tutela della laguna di Venezia, nella parte in cui demanda al Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, la definizione delle migliori tecnologie di processo e depurazione disponibili da applicare agli impianti. industriali. esistenti che scaricano sostanze inquinanti nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante, nonche' l'approvazione dei progetti di adeguamento finalizzati all'eliminazione delle medesime sostanze, da presentare, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del decreto, dai titolari delle autorizzazioni agli scarichi esistenti e che prevedano l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili e tempi di realizzazione non superiori a quindici mesi (punto 6. commi quarto e quinto). F a t t o Con l'impugnato decreto sono stati fissati gli obbiettivi di qualita' da perseguire nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante per assicurare la protezione della vita acquatica e l'esercizio delle attivita' di pesca, molluschicoltura e balneazione, rinviando a successivo provvedimento, da adottarsi su proposta di una commissione tecnica di dodici membri, tre dei quali designati dalla stessa regione Veneto, la fissazione dei carichi massimi ammissibili complessivi di inquinanti e dei carichi massimi ammissibili netti per le diverse fonti di inquinamento, a' sensi dell'art. 2, comma 1, d.-l. 23 marzo 1995 n. 96, convertito in legge 31 maggio 1995 n. 206 avente ad oggetto: "Interventi urgenti per il risanamento e l'adeguamento dei sistemi di smaltimento delle acque usate e degli impianti igienico-sanitari nei centri storici e nelle isole dei comuni di Venezia e di Chioggia". Lo stesso decreto contiene inoltre puntuali prescrizioni in ordine al contenuto delle autorizzazioni agli scarichi industriali relativamente a sostanze reputate particolarmente inquinanti. Si tratta in particolare dei capoversi I-V del punto 6), ove viene espressamente previsto che: "Nelle nuove autorizzazioni agli scarichi industriali nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante, e nelle modifiche alle autorizzazioni esistenti, e' vietato lo scarico di idrocarburi policiclici aromatici, pesticidi organoclorurati diossina, policlorobifenili e tributilstagno. Ai fini della verifica del rispetto del divieto di rilascio non si tiene conto delle quantita' di inquinanti residue alla adozione delle migliori tecnologie di processo e di depurazione disponibili. Per le autorizzazioni esistenti, a fronte delle quali sia attualmente in corso di svolgimento una attivita' produttiva, il medesimo divieto si applica decorsi centottanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. Con decreto del Ministro dell'ambiente, da adottarsi, sentito il Ministro dei lavori pubblici, entro novanta giorni dal presente decreto, sono definite le migliori tecnologie disponibili da applicare agli impianti industriali esistenti, secondo quanto previsto dalle direttive comunitarie. Qualora, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, i titolari delle autorizzazioni agli scarichi esistenti presentino progetti di adeguamento finalizzati all'eliminazione degli scarichi delle sostanze inquinanti sopra indicate, che prevedano l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili e tempi di realizzazione non superiori a quindici mesi, e detti progetti siano approvati con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dei lavori pubblici entro i successivi sessanta giorni, il divieto non si applica per il periodo necessario alla realizzazione dei progetti di adeguamento. Tali ultime disposizioni, oltre che velleitarie, illogiche ed irrazionali, risultano palesemente illegittime e lesive della competenza della regione Veneto in materia di tutela dell'ambiente e disinquinamento, con specifico riguardo agli impianti di depurazione, come risultante dal combinato disposto degli artt. 117 e 118 della Costituzione e successive norme di attuazione e decreti delegati, di cui al prosieguo. Percio' se ne chiede l'annullamento per i seguenti motivi di D i r i t t o Sulla base delle citate prescrizioni dell'impugnato decreto interministeriale e' fatto divieto, decorsi 180 giorni dalla sua entrata in vigore, ai titolari di autorizzazioni agli scarichi industriali nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante di scaricare sostanze ritenute particolarmente inquinanti, purche' nel termine di 120 giorni non abbiano presentato un progetto di adeguamento degli scarichi, che preveda l'utilizzazione di quelle migliori tecnologie di processo e depurazione disponibili che il Ministro dell'ambiente di concerto con quello dei lavori pubblici deve definire con apposito decreto nel termine di 90 giorni e che ricevano l'autorizzazione da parte delle medesime autorita'. Tali disposizioni incidono negativamente, esautorandola e ledendola, sulla competenza della regione Veneto in materia di tutela dell'ambiente e dall'inquinamento, e segnatamente di realizzazione degli impianti di trattamento e depurazione delle acque, come riconosciute dagli artt. 117 e 118 Cost. e successivi decreti delegati e norme di attuazione rinvenibili sia in sede di disciplina generale che di legislazione speciale per la salvaguardia idraulica e di risanamento ambientale della citta' di Venezia. Si possono percio' distinguere piu' profili di illegittimita' del decreto impugnato, come di seguito indicati. I. - Violazione dell'art. 2 comma secondo, lett. c) d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8 - Violazione dell'art. 101 commi primo e secondo lett. a) d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 - Violazione falsa applicazione degli artt. 79, 80 e 81 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112. Per quanto riguarda la disciplina generale gia' con d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 erano state trasferite alle Regioni le funzioni amministrative concernenti le opere igieniche di interesse locale, ivi comprese "...fognature, impianti di depurazione delle acque... ed altre" (art. 2 comma secondo, lett. c) punto 3). Successivamente, con formula di piu' ampia portata e maggiormente incisiva nel senso del rafforzamento delle autonomie regionali, l'art. 101 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 ha trasferito alle regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in ordine "...all'igiene del suolo e dell'inquinamento atmosferico, idrico, termico ed acustico, compresi gli aspetti igienico sanitari delle industrie insalubri" (comma primo) ed in particolare le funzioni concernenti "...la disciplina degli scarichi e la programmazione degli interventi di conservazione e depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti liquidi e idrosolubili" (comma secondo, lett. a)) nonche' "...la tutela dell'inquinamento ... idrico di impianti termici ed industriali e da qualunque altra fonte". Tali competenze sono state confermate anche dal recentissimo d.lgs. n. 112/1998 recante "conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997 n. 59, che anzi nella materia de qua ha portato ad un accrescimento delle funzioni dell'amministrazione regionale ed in particolare dei poteri pianificatori (artt. 79, 80 e 81)". II. - Violazione e falsa applicazione dell'art. 9, legge 16 aprile 1973 n. 171 - Violazione dell'art. 3, comma 31 e degli artt. 11 e 12 del d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962 - Violazione e falsa applicazione dell'art. 13 del d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962 - Violazione dell'art. 5 lett. a) della legge 29 novembre 1984, n. 798 e successiyi provvedimenti di rifinanziamento - Violazione dell'art. 2 commi primo e terzo, del d.-l. 29 marzo 1995, n. 96, convertito in legge 206/1995 - Violazione dell'art. 17 comma terzo, legge 23 agosto 1988 n. 400. Questi stessi criteri di riparto di competenza in materia vengono recepiti e meglio specificati in sede di legislazione speciale per Venezia, ove viene riconosciuto un ruolo centrale alla regione Veneto nella pianificazione, regolamentazione e controllo delle opere per il disinquinamento dell'ambiente lagunare. Con legge 16 aprile 1973, n. 171 e' stata confermata la competenza della regione e il riparto con l'organo statale (Magistrato alle acque) nell'adozione dei provvedimenti di tutela delle acque dagli inquinamenti "...nell'ambito delle rispettive competenze" (art. 9). Il successivo d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962, emanato ad integrazione della citata legge speciale per la specifica materia de qua, attribuisce alla regione la funzione di ammettere gli interventi, approvare i progetti e concedere i contributi concernenti gli impianti di depurazione e le altre opere di difesa dagli inquinamenti nonche' di accertare definitivamente "...la validita' dei trattamenti prescelti" in sede di approvazione dei medesimi progetti (art. 3, comma XXXI e artt. 11 e 12), rimanendo riservata allo Stato, attraverso il Magistrato alle acque, la sola "...vigilanza sull'esecuzione delle opere" medesime (art. 13). Nella successiva legge 29 novembre 1984, n. 798, il nodo delle interrelazioni tra le diverse forme di intervento in materia di salvaguardia di Venezia e' stato confermato dal legislatore attraverso la rigida delimitazione delle competenze affidate ai diversi soggetti chiamati ad operare, riconfermando il riparto di competenze sopra delineato e specificamente riconoscendo la competenza della regione Veneto in materia di opere di trattamento e depurazione delle acque interessanti il bacino lagunare (art. 5 lett. a)); esattamente in questi termini, con riguardo alla concorrente competenza regionale in materia di fognature v. Corte dei conti, sez. contr. Stato, 20 ottobre 1988, n. 2009). Sulla stessa linea si pongono tutti gli altri successivi provvedimenti di rifinanziamento: art. 7, legge 22 dicembre 1986, n. 910; art. 17, comma XII, legge 11 marzo 1988, n. 67; art. 2, comma I, lett. b), legge 8 novembre 1991, n. 360; art. 2, comma III, legge 5 febbraio 1992, n. 139; art. 1, comma II, d.-l. 2 agosto 1996, n. 408, convertito in legge 4 ottobre 1996, n. 615. Il predetto sistema di riparto di competenze e' stato fatto poi espressamente salvo anche dal cit. d.-l. 29 marzo 1995, n. 96, convertito in legge n. 206/1995, sulla base del quale e' stato emanato l'impugnato decreto e che all'art. 2, terzo comma, ha statuito che "...per gli impianti di depurazione pubblici e privati ricadenti nel territorio scolante nella laguna di Venezia si applicano le ordinarie procedure di approvazione dei progetti, di autorizzazione allo scarico e di controllo previste dalle vigente normativa statale e regionale". Appare percio' evidente l'illegittimita' del denunciato decreto, il quale pretende di modificare detto riparto di competenze, riservando allo Stato funzioni che risultano invece di competenza regionale in conformita' al dettato costituzionale, peraltro con provvedimento assunto in violazione del principio di legalita' in quanto adottato sulla base dell'art. 2 comma primo del cit. d.-l. 96/1995 che, abilita il Ministro dell'ambiente di concerto con quello dei lavori pubblici, soltanto all'aggiornamento dei valori limite di cui alla tabella allegata al cit. d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962 ma non certo a modificare il riparto di competenze in materia gia' stabilito sulla base di prevalenti norme di legge attuative dei principi costituzionali in materia. Per quanto ancora concerne specificamente la natura dell'impugnato provvedimento, si osserva che esso ha natura regolamentare e doveva percio' essere adottato in conformita' al disposto dell'art. 17, comma terzo, legge 23 agosto 1988, n. 400 e dunque previa richiesta e acquisizione del parere del Consiglio di Stato che, invece, da quanto e' dato ricavare dal testo del provvedimento medesimo, non risulta siano avvenute. III. - Violazione degli artt. 35 e 47 e degli artt. 49 e 50 della l.r. 16 maggio 1985, n. 33, - Violazione degli artt. 2 e 3, l.r. 27 febbraio 1990, n. 17. A tali principi si uniforma la legislazione regionale in materia. In particolare la l.r. 16 maggio 1985, n. 33 avente ad oggetto: "Norme per la tutela dell'ambiente" e successive modifiche, sottopone al controllo preventivo della regione la realizzazione nonche' la variazione per ampliamento e ristrutturazione degli impianti di depurazione definiti per la loro importanza di prima categoria, attraverso l'approvazione dei relativi progetti (artt. 35 e 47), mentre delega alle provincie le medesime funzione in ordine agli impianti di depurazione minori, definiti di seconda categoria (artt. 49 e 50). Con la l.r. 27 febbraio 1990, n. 17, recante "Norme per l'esercizio delle funzioni eseguite ai sensi della legge 29 novembre 1984, n. 798, per la salvaguardia di Venezia" e' stato poi disciplinato il "Piano regionale direttore per il disinquinamento" avente ad oggetto il territorio dei comuni che costituiscono il bacino scolante nella laguna di Venezia e nel quale, fra l'altro vengono definiti "...gli obiettivi di qualita' e i metodi di determinazione e aggiornamento dei vari interventi, ivi compresi i criteri tecnici generali per i singoli progetti, avendo riguardo a tutte le cause di inquinamento, alla loro prevenzione e riduzione nonche' alla evoluzione dei processi produttivi, ivi compresi quelli agricoli". IV. - Dal quadro normativo che si e' tracciato risulta quindi confermata la competenza esclusiva della regione Veneto sia in ordine all'individuazione delle caratteristiche degli impianti di trattamento e depurazione delle acque provenienti dagli scarichi (anche) industriali nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante, sia in ordine all'approvazione dei progetti per la realizzazione e/o modificazione di detti impianti. Entrambe le funzioni sono in rapporto di stretta interdipendenza e correlazione l'una con l'altra. Appare invero piu' logico e razionale che il loro esercizio spetti congiuntamente alla medesima amministrazione, la quale risulta la piu' idonea a valutare la conformita' dei progetti di adeguamento ai parametri e ai criteri di raffronto, se questi stessi criteri e parametri sono stati da essa stessa definiti e stabiliti. Che poi detta amministrazione vada individuata in quella regionale risulta confermato, oltre che dai citati riferimenti normativi, anche da evidenti ragioni di buona amministrazione, che risultano invece palesemente contraddette dal contenuto dell'impugnato decreto. Appare, infatti, velleitario oltre che incongruo e illogico che l'amministrazione statale, la quale certo non puo' possedere per mancanza di conoscenza diretta della realta' locale tutti gli elementi necessari ai fini delle relative valutazioni e determinazioni, ne' ha previsto alcuna forma di partecipazione degli altri enti territoriali per la loro acquisizione, pretenda di voler introdurre limitatamente al solo bacino lagunare dei criteri generali e uniformi di adeguamento validi per tutti gli scarichi industriali ivi esistenti, senza pero' considerare le specifiche peculiarita' di ogni sistema produttivo che necessariamente richiedono interventi mirati e appropriati. Risulta invece maggiormente rispondente al principio costituzionale di buona amministrazione, nonche' a quello generale di sussidiarieta', oltre che in linea con le piu' recenti tendenze evolutive della vigente legislazione, ritenere che gli interessi che si intendono perseguire con le contestate disposizioni dell'impugnato decreto possano essere piu' adeguatamente tutelati e realizzati a livello di amministrazione regionale. Quest'ultima, infatti, a seguito della lunga esperienza maturata in materia in tutti questi anni risulta essere il soggetto piu' idoneo all'esercizio delle funzioni in parola per la grande esperienza accumulata e la conseguente approfondita conoscenza delle tematiche in oggetto, oltre ad essere divenuta per queste stesse ragioni l'interlocutore istituzionale abituale degli operatori. Sulla sospensione dell'esecuzione ex art. 40, legge n. 87/1953. La fondatezza del ricorso risulta da quanto precede. Ricorrono inoltre quelle "gravi ragioni" che consentono di ottenere anche la sospensione, in pendenza di giudizio, dell'efficacia dell'atto che ha determinato il conflitto di attribuzioni. Deve considerarsi, infatti, come le prescrizioni di cui viene chiesto l'annullamento prevedano che entrambe le funzioni di definizione delle migliori tecnologie disponibili da applicare agli impianti industriali esistenti e di approvazione dei relativi progetti di adeguamento presentati dai titolari degli scarichi, vengano esercitate rispettivamente nel termine di novanta e centoventi piu' sessanta giorni dall'entrata in vigore del medesimo decreto avvenuta con la sua pubblicazione il giorno 18 giugno 1998. Percio' ogni decisione successiva a questi termini risulterebbe inutiliter data e la lamentata lesione alle competenze regionali definitivamente irreparabile. Nella fattispecie e' poi necessario considerare che la mancata sospensione del provvedimento, oltre all'irreparabile lesione delle prerogative regionali determinerebbe anche un gravissimo danno agli stessi operatori economici. Vi sarebbe, infatti, il rischio come piu' sopra evidenziato, che questi ultimi vengano ingiustamente assoggettati all'obbligo di rispetto di parametri e criteri di adeguamento degli scarichi incongruenti e non idonei rispetto alle specifiche peculiarita' dell'insediamento produttivo e che tuttavia dovrebbero accetare, pena la cessazione dell'attivita' produttiva. Viceversa nessun danno rilevante, ne' tanto meno irreparabile, si determinerebbe a seguito della sospensione del decreto in questione, in quanto non si verificherebbe alcun vuoto normativo, poiche' le funzioni in parola continuerebbero ad essere (legittimamente e piu' utilmente) svolte dalla regione sulla base della vigente legislazione. Ancora si sottolinea la grave situazione di incertezza che dalla sovrapposizione di competenze conseguenti al delineato sistema deriva sui comportamenti dei destinatari del provvedimento oggetto di controversia.